Cuore meccanico

Medio oriente e occidente. Di quando la vita si spacca.
Di quando la vita ritrova il battito

cuore_meccanicoSINOSSI

A raccontarci questa storia è la voce di una vita sospesa, durante un trapianto cardiaco. Nell’atmosfera asettica del reparto rianimazione, il ‘cuore meccanico’ rincorre i ricordi e le immagini di due anime in transito, avvicinandosi ora a una, ora all’altra. Faruk e Arrigo sono due personaggi che non s’incontrano nella vita, ma i cui destini si fondono nella ricerca estrema di darle un senso. Su un tavolo operatorio c’è Faruk, un’adolescenza d’espedienti nel suo paese distrutto dalla guerra, e una tenera devozione per Allah. Un giorno nella sua mente entra una voce blasfema che picchia, fino all’ossessione. Strani incontri e coincidenze fanno il resto, convincendolo che solo il martirio lo potrà redimere. La sua vita si spaccherà, ma non come aveva idealizzato. Arrigo è un professore universitario cardiopatico. Non ha grandi passioni nella sua esistenza ed è anche stanco del suo pensiero fin troppo razionale e cinico, lontano dalla vita vera. Con il suo nuovo cuore si trasferisce in Liguria per la convalescenza in una quotidianità tra gli ulivi e la riscoperta delle cose semplici. Un uomo la cui anima s’intreccia con quella di Faruk e che riscoprirà un mondo inascoltato, pieno di tenerezza.

 

 

INCIPIT

Ha l’aspetto del ragazzino la prima volta alla cerimonia del sacrificio. Sangue di montone che fa orrore, ma ti fa grande, ti entra dentro. Sdraiato sul tavolo operatorio. Le mani, rigide lungo i fianchi. Il segnale della macchina alla quale è collegato rivela impulsi già deboli. Conquistarsi il paradiso non è proprio come immaginava. Certo, dipende anche da come ci arrivi. ‘Prescelto per concimare l’ombra da cui si può solo risorgere, gli fu detto, a testimoniare il potere della fede.’

Adesso che sta lì appeso a un filo, tutto gli è chiaro: le spose non si vedono. La mirra e i datteri nemmeno. Niente gloria, solo attimi vuoti. In obliqua lontananza, le voci dell’ospedale che rimbombano come in un brutto sogno. Luce opaca e un mare di solitudine. Faruk è esalato, ma non come aveva programmato. Sospeso tra questo piccolo ambulatorio e il cielo di Allah, adesso c’è solo più il suo cuore, in attesa che serva a qualcun altro.

Scheda Libro

RECENSIONI

Cuori sfoderati (Massimo Morelli, filosofo e CEO di ‘Pensativa’)

Recentemente ho letto una bella intervista rilasciata da Michael Haneke a Luisa Zielinski di Paris Review (http://www.theparisreview.org/interviews/6354/the-art-of- screenwriting-no-5-michael-haneke), nella quale il maestro austriaco afferma con perentorietà che scrittori e registri dovrebbero raccontare solo luoghi, persone e situazioni che conoscono molto bene personalmente, pena il restare confinati nei limiti congeniti di uno sguardo superficiale e pretenzioso. Giusto, si dirà. Serio, si dirà. E in effetti fino a un annetto fa avrei senz’altro condiviso l’opinione di Haneke. Fino a un anno fa, per l’appunto, mentre oggi so – e posso provare – che Haneke ha torto e che è possibile raccontare con sguardo profondo e rivelatore luoghi, persone e situazioni lontanissime dalla propria esperienza personale. È raro, è difficile, ma è possibile. Ho detto che posso provarlo e già che ci sono provvedo a farlo.
Io non credo che Alessandra Chiappero, autrice del romanzo ‘Cuore Meccanico’, conosca personalmente gli ambienti dell’estremismo islamico, né che abbia mai frequentato i campi di addestramento per candidati al martirio in Afghanistan, né che in un’altra vita la sua ‘anima antica’ si sia incarnata nelle spoglie mortali di un qualche ardimentoso guerriero di Allah (di quest’ultima affermazione non posso dirmi certo, in verità). Eppure il modo in cui Alessandra si è calata completamente, come un’esperta speleologa, nel mondo e nella psicologia di un ragazzino musulmano ossessionato da voci interiori demoniache e in cerca di una qualche forma di catarsi redentiva, ha dell’incredibile, almeno per me.
Intendiamoci, ogni autore che si rispetti deve mostrarsi capace di forte empatia con i suoi personaggi; se non con tutti, almeno con i principali. Qui però, e invito a leggere il libro per rendersene conto di persona, non di empatia si tratta, ma di immedesimazione bell’e buona. Alessandra non ‘descrive’ Faruk, ‘è’ Faruk in tutto e per tutto, senza indugi né reticenze. Tra l’altro, conoscendo Alessandra Chiappero come figlia della buona (e colta, va detto) borghesia torinese, la sua capacità di riprodurre il monologo interiore del ragazzino islamico mi ha letteralmente sbalordito. L’impressione è che abbia scritto quasi in trance, sotto la dettatura di un’ossessionante voce interiore simile a quella di Faruk. Il processo d’immedesimazione riesce bene anche con l’altro personaggio, l’intellettuale Arrigo alle prese con una dimensione esistenziale a basso dosaggio, ma qui, forse perché il character le è culturalmente più vicino, ad Alessandra viene a mancare quella potente dimensione che caratterizza il rapporto ventriloquistico con Faruk.
L’espediente narrativo che lega le vicende di Faruk e Arrigo, così lontani tra loro, è quello di un trapianto di cuore che fa di un potenziale assassino un salvatore e di un condannato all’estinzione un redivivo. Non essendo né scrittore né critico letterario, non sono in grado di commentare gli esiti tecnici di questa manovra romantico- romanzesca. In quanto lettore, invece, noto che qui, chiaramente, Alessandra ha voluto accomunare due vite lontanissime tra loro. E allora, vien da chiedersi, perché lo ha fatto? Cos’hanno davvero in comune questi due reciprocal aliens? Senza girarci intorno, mi sembra di poter dire che tanto Faruk, quanto Arrigo, quanto probabilmente Alessandra e molti tra noi, anelano a quella che Czeslaw Milosz ha chiamato la ‘fodera del mondo’:
‘Quando morirò vedrò la fodera del mondo.
L’altra parte, dietro l’uccello, la montagna, il tramonto.
Il vero significato che vorrà essere letto.
Ciò ch’era inconciliabile si concilierà.
E sarà compreso ciò ch’era incomprensibile’.
Tuttavia, seguendo Milosz, ci resta appiccicato addosso un dubbio tormentoso, che nessun romanzo, per quanto appassionante come quello di Alessandra, potrà mai fugare del tutto: ‘Ma se non c’è una fodera del mondo?’

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