Le lenzuola sono fiacche, mi ci butto di nuovo sopra e accendo l’ultima sigaretta. Guardo una fetta di luce che entra nel piccolo perimetro di questo pomeriggio rovente. Il cliente, ha appena finito. Gli ho versato un bicchiere di whisky. È uno simpatico, vorrebbe fermarsi a parlare di più, sentire una canzone. Si è rivestito con una lentezza che stavolta era troppa. Io lo so perché. Mi viene da modularci intorno qualche nota, quando lui fa piano così. Giusto per prenderlo in giro e dargli il La. E vattene, finalmente! Lui mi guarda e ride. Ha i denti d’oro e grandi orecchie. Se gli dai un contrabbasso, secondo me ci tira fuori perfino qualche suono. Ne sono certa. It’s not in the price, sweet heart: io canto per me, per riprendermi la gaiezza. Per non leccarmi il dolore, a volte. O ferirmi con i miei stupidi pensieri. Comprate il mio amore, io sì che vi porto nel Paradiso. Ma se volete venire via con me, si passa anche per l’inferno. Tutto, in fondo dura così poco. Poco più del tempo di una ‘ballad’. Ci puoi danzare intorno a quelle note, come quando dopo un pomeriggio dato a ombre sconosciute, chiami un’amica. E ci ridi un po’ su.