Padova e non

Una storia raccontata alla maniera di Georges Perec

Parole in libera e tutt’al più sincopata sequenza

Una luce livida. Afa tendente all’estremo.
Disimpegno.
Giotto agli Scrovegni s’è visto ieri. Tutto il resto è bolla, adesso.
Per quanto tempo, non so.
Quei colori del trecento e l’ abbozzo di geometrie molto meno che banali fanno del reale una calma piatta.
Lo spazio qui è smilzo e vuoto e parla di piccoli incomprensibili sussulti. Il tempo? Lasciamo perdere. Un’accezione orrenda.
Ci va un caffé.

Uno scotch terrier sbuca fra due adidas bianchissime. Il padrone delle scarpe aspetta la moglie che compra ‘alle erbe’. Il cane dev’essere di lei. È bianco anche lui, ma ha la coda che tende e vibra.
Ci sono impalcature addosso al palazzo nobile che sta nella piazza.

Dentro non so, ma da fuori, offre scarsi spunti rinascimentali sotto il saliscendi del selciato.
Portici sporchi, qualche foglia di lattuga, impalcature. È di mattoni e marmo chiaro e i rapporti sembrano aurei. Ma si vede poco, sotto un grande tetto a botte. Niente a che vedere, comunque, con il Mazda palace.

Davanti al banchetto dei fiori il portego sembra andare in discesa.
Sull’angolo c’è un bar con una vetrina.
Lei dentro, produce panini gonfi di pane pallido. È sorridente per forza e la sua vetrina, già piena di prosciutti chiusi in confezioni arancio, si riempie adesso di strati di panini uguali.
Sull’angolo aperto verso il pubblico, come per vendere gelati, c’è un vaso rotondo di vetro con delle margherite. Ma lei, vende tramezzini.
Passano tre anziani; due in giubbotto di pelle e jeans.
Il terzo, insieme a loro, sbatacchia alto e segaligno in un doppiopetto e cartellina sottile in finta pelle. Da anziano, in fase di commissioni.
Sulla gronda ci sono annunci misti, con bigliettini a strappo alzati da un leggero soffio di laguna lontana.

Madre lingua francese.
Badante.
Esther 333.1666432
AAA. Scooter nero, come nuovo.
Piccioni saltellano fra imballi di legno con spigoli di grigio umido, plastica e polistirolo.

Vicino al fioraio ci sono per terra filamenti di rafia che strisciano alzando la gobba: come vermetti, o carovane di millepiedi.

Nei palazzi della storia, un tempo delle signorie, forse ci sono uffici con i mobili grigi e luci al neon e impiegati che non vedono l’ora di scendere per un panino. Di quelli tutti uguali.
Due inglesi ordinano cappuccino e tramezzini:‘alto adicei’. Con speck e formaggio, evidentemente.

Il fioraio ha fiori molto alti e lunghi in vasi bianchi di plastica molto sporchi e cimiteriali.
Passa il macellaio con grembiule ancora bianco e cappellino bombé con sottobraccio il giovane garzone. Come va? ‘Sempre meglio’…
Più in la, chiusa, c’è la pescheria Dorigo Cencio. Ha un’insegna scritta rossa su fondo blu slavato, anni sessanta.
Le tovaglie del bar invece sono gialle, e di plastica
Bertin biscotti su un lato.
Conbipel, dall’altro.
Un’ ape car. ‘Da Duilio, frutta secca ed esotica’.
Ai due catini d’oro, c’è una drogheria con una vetrina pienissima di saponi liquidi e solidi, strisce antitarme e candele di miele. Gialle.
Sotto al vicolo che da su piazza della frutta, un banchetto pieno di sciarpe in nuances. In tinta illimitata dal sole. Sembra una ‘plongeade’ in un Guardi o a spasso, dentro atmosfere del Canaletto.
La cameriera del bar ha un sedere che le pesa e t -shirt rossa.
“Mi dispiace, l’ho finito…( ore 9,30…) No, questo non lo facciamo…( ore 9,31)

Passeggini con ruote cross country e mamme con la riga in mezzo.
Un signore con la faccia grossa piena di grinze e i capelli, pochi, sparati in alto.
Dritti in verticale. Verso pensieri sbigottiti.

Passano due nuvole nel blu. Sembrano le pecorelle lente delle fiabe.

Camminando veloce: ‘Ci sono persone dalla volontà un po’ debole’.
Lui e lei portano una borsona maghrebina a righe, consumata nel lucido e piena di spesa barcollando in fuori, in perfetta simmetria.

Un gambo alto con boccioli e fiori in ideale blu kline ma fogliette disordinate.
Una robusta americana mangia la brioche alla crema con il mignolo alzato per farla ‘più leggera’, più digeribile. No, meno indigesta.
Il tipo dei fiori ha una maglia bordeaux con la scritta ‘deep blue’ e un orecchino d’oro rosato di quelli della nonna con le zigrinature incrociate a rombo.
Un pirata dall’edipo rindondante.
Una signora con una maglia a fiori turchesi e marroni troppo aderente su pancia bombé e piccoli seni a punta. Si fa in tante piegoline tese, mentre si sporge avanti e chiede il prezzo della trevisana.
Un cane ‘baula’ in sottofondo.
Una vecchia in nero polvere a pieghettoni e borsa ‘swan tours’ chiede l’elemosina. Ha un bastone allungabile.
Le commesse del negozio di verdura hanno grembiuli di un giallo terribile.
Il signore grasso guarda il suo tavolo da dietro un bitter arancione.
Il fioraio fa un bouquet con dei gigli e i macellai, loro tornano dal caffè.
Un segugio magro color terra di Siena elegante e molto lucido riceve un mucchio di carezze.
Passeggio, al cellulare: “si va ben, ma noi ci combiniamo poi dopo…”
Una giovane mamma fa la spesa con il quaderno, e intanto fa boccacce al bebè. Man mano che compra cancella una voce dal quaderno con l’elastico. Potrebbe trattarsi di una spesa consapevole.
Il segugio ( no, forse un pointer, un bracco. Non so); il cane di prima balla e muove la coda magra e fende l’aria.
La sua padrona ha i capelli tinti dello stesso colore, ma crespi e bianchi alla radice.
Il fioraio fa un mazzo bianco e lilla bello, e semplice.
La signora in bici è distinta e lo mette nel cestino.
La signora con la maglia con i fiori turchesi adesso è seduta di schiena e mangia uno dei tramezzini pallidi della signora delle margherite, quella in vetrina.
Ogni tanto butta giù dei tozzetti di tonda mollica gommata. Per i piccioni distratti.
Ha i capelli con una riga che va fin giù dietro e ciuffi marroni sparati in opposte direzioni.

Tourquoise Mafalda.
Una cinquantenne con il naso in su e i jeans sdruciti, di quelli lavati nel the per sembrare sporchi, ma non sudici. Di spezia fané. Forse bancha.
Una signora con i capelli bianchi e le onde un po’ in fuori ascolta ‘what a wonderful world’.
Base MP3 e aggiunta di fisarmonica tzigana. Prima di passare tra i tavoli con il bicchiere di floscia cartacoca, il tipo scandisce il tempo in battere. Ma è giovane.
Il jazz viene poi.

Un drugo con capello Oasis e brache sospese sotto gluteo meridiano. Scarpe gialle, dello stesso giallo terribile.
Una signora che ha riciclato una gonna bianca a portafoglio longuette da sposa con una maglietta da mercato color corda. Le scarpe sono molto a punta. Cammina tesa in avanti. Mira forse a un caffé in veranda. Cremeria, però.

Una signora con la graziella e tante rughe che vanno in giù, come le borse. In fondo, si disegnano melanzane e carote. Le uova, sempre per ultime.
Cadono scodelline di plastica, forse di qualche imballo.

Ha ha ha qualcuno ride, per altri infranti motivi. E comunque, da un’altra parte.

La signora delle margherite riceve un uguale mazzo bianco e viola. Più grande. Forse i due hanno una storia. Forse non ancora. Forse è solo una questione di fiori.
Di corsa: ‘ciao Betty’
La signora con i jeans sdruciti ha un carrettino di cesto con le ruote.

Lo voglio anch’io.
Due quindicenni. Bianca e Volta. Effetto ringo.
Rosa sopra e vita bassa blu: L’altra, è viceversa.
Liscio biondo e tette piccole, ricciolo bruno e tette grosse.
Adorabilmente inesperte.
Un signore compunto con il gazzettino e un riporto a 240 gradi. Quasi totale.
Una tipa con le calze a righe e scarponi grezzi. Di tela.
La signora dei panini adesso cinguetta con un amico dalla giacca rossa. Semplicemente gaia.

Forse, si chiama Mimosa, o Viola, o Petunia.
Due foschi, con gli occhiali neri. Direttamente da Bitonto.
Una nuova cassa di lattuga.
Un signore abbronzato finto con una catena d’oro chiede il prezzo delle rose. Rosse?
No, gialle.
Omar propone fazzoletti e accendini. Non insiste. Sa benissimo che non servono a nessuno.

Un signore distinto sta fermo con le mani in tasca e il sedere in fuori. Giubbotto di daino. Potrebbe nascondere un’erezione.
Una bambina imbronciata turchese con bambola e nonna.
Un’altra nonna in pantalone gessato nero e giubbotto di jeans. Nero. Troppo nero, anche nei capelli.

Con riflessi ‘extrème’.

La nonna della bambina imbronciata ha le rughe di chi esegue sempre lo stesso sorriso.

Ha fianchi stretti, pancia piatta e jeans arancio salmone. Nuances pastello. Odia il giallo, sicuramente.
Una donna con borsa di Gucci e piedi a papera vista da dietro. Arranca lentamente in direzione Pedrocchi.

Una giacchetta a scacchi piccoli a effetto Escher.
Il fioraio intanto parte in bici piena di mazzi a domicilio. Sembra che cadano fuori, in estremo equilibrio.
Arriva il folparo. Monta il banchetto. Nella pentola, trenta polpi a mollo.

Una tipa seduta davanti a una tazzina vuota con crosta di troppo zucchero. Scrive da ore e adesso le scappa la pipì. Si alza, e dimentica di pagare.


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